lunedì 29 marzo 2010

LA CURIOSITA'

1989, su L’Espresso del 7 agosto, Luigi Veronelli segnala il Cigliano della Cupertinum.

La scrittura del compianto maestro di tutti i wine-writers italiani è come al solito elegante e raffinata, merita la lettura:


LUIGI VERONELLI, 1989. “Quel Cigliano dal Salento”


Una delle mie storie mai scritte – ideata sul finire dell’ultimo giugno in Georgia, terra e gente di cui mi sono innamorato senza possibilità di ritorno – è sull’uomo impotente che sogna di amare.

Al di là dei monti Suranskij, nella zona attraversata dal fiume Alazani che scende dagli ultimi contrafforti della catena caucasica, ho visto vigne di incomparabile bellezza. Non debbo tediarti, qui, con dati tecnici, ma ti assicuro – per la qualità del suolo, clima, esposizione, luce e “ventaglio” dei venti – le più belle. Gli uomini che le coltivano sono volonterosi, ospitali, pronti all’amicizia e rispettosi dei padri e delle tradizioni. Perché allora i vini georgiani non sono ancora eccellenti?

Quando iniziai, trentatre anni or sono, a visitare le nostre vigne – d’Italia, dico – sulla piazza d’ogni paese del percorso, facevo portare tre bicchieri. Chiedevo di riempire il primo col miglior vino del luogo; il secondo con quello ritenuto per difetto della positura o vendemmiali vicende, peggiore; il terzo con metà dell’uno e dell’altro. Ovunque fossi, quei miei contadini si attendevano, all’assaggio del terzo bicchiere, un vino medio: No, era quasi del tutto simile al peggio.

Così li convincevo: il vino d’ogni vigna ha proprie, individuali, caratteristiche; se li mescoli, purtroppo, gli farai perdere le virtù e acquisire i difetti. Nella Georgia che m’ha preso il cuore si vinifica in massa e con una tecnologia da massa. In Puglia, grazie al cielo, non più.

Brindo ai futuri grandi vini della Georgia, patria della vite, con il Cigliano 1994, solare e sapido Chardonnay della Cantina di Copertino.

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